“La storia di un viaggio senza via…
e poi oltre…
macigni da scalare…
il coraggio sprofonda nelle cripte della paura…
e poi…
iridescenze da inseguire…
il desiderio erige cattedrali di bellezza…
E’ l’andare… a Pavone…”.
“The story of journey without a direction…
And then further away…
Boulder to climb…
The courage plunges in the crypts of fear…
And then…
Iridescences to run after…
The desire builds cathedrals of beauty…
It is the wandering… to Pavone…“.
… Pavone…, 2009-2015
Marmo bianco Lorano di Carrara.
Opera scolpita in marmo, vetro, acciaio.
Misure e stime del peso dei singoli altorilievi dell’opera:
Dimensioni :
frontale 3,280 x 2,73 h x 0,60 m, peso stimato 4,2 ton;
laterale sinistro 1,600 x 1,85 h x 0,36 m, peso stimato 1,5 ton;
laterale destro 1,970 x 2,73h x 0,18 m, peso stimato: 1 ton.
Estensioni superfici altorilievi:
frontale 7,35 mq;
laterale sinistro 3,20 mq;
laterale destro 3,93 mq.
Estensione totale scultura: 14,48 mq.
Opera esemplare unico.
Opera in vendita, attualmente proprietà dell’artista.
Sinopsi dell’opera “…Pavone…”
L’immagine dominante è quella di un viaggio…
Nell’Antico Testamento si racconta la storia del lungo viaggio compiuto dal giovane Tobia e dalla sua sposa Sara, diretti a Oriente verso la lontana regione della Media, per recuperare dieci talenti d’argento…
I due giovani sono accompagnati e protetti da Raffaele, anziano mentore, che li guida lungo la via.
Nella mia immaginazione questo percorso impervio è diventato il simbolo di un viaggio interiore teso al raggiungimento della Bellezza, intesa come summa teorica che sostanzia il Vero, il Giusto e il Bello, ideali questi nei quali credo fermamente e verso i quali ho votato la mia ricerca artistica.
La Bellezza è rappresentata dalla figura del …Pavone … magnifico, forte e splendente che suscita e trascina, nel suo vortice magnetico, il desiderio ancestrale e struggente di raggiungerla.
Appunti tecnici sull’opera
Percorrendo tutto l’abc della scolpitura, dall’incisione, al bassorilievo all’alto rilievo fino a il tutto tondo, ho scolpito le tre figure umane di Sara, Tobia e Azaria-Raffaele e del Pavone, i tralci di vite, i raspi con i grappoli dell’uva, le foglie e ogni singolo chicco, i panneggi, gli intrecci di stoffe, tutti gli elementi decorativi di sintesi e di raccordo tra il fondo del piano dell’opera e i panneggi stessi, i veli e i nastri contorti, ho inciso a decoro le lunghe ali della figura del pavone, forandole a tratti così da lasciare varchi per il passaggio della luce, sia sulla loro superficie piana che volumetrica, ottenendo l’effetto di un merletto ricamato, che sappia evocare la soavità del piumaggio e il magnetismo dei caratteristici “occhi” dell’animale. Nello stesso modo, ma con cavità passanti ancora più evidenti, ho scolpito l’intero corpo del pavone che, posseduto internamente dalla luce filtrata, cede i suoi contorni come sfumati, rimandandoci la percezione dell’immagine di un sogno, come un’apparizione di bellezza.
Anche le parti che corrispondono al denso intreccio tra un elemento e l’altro del panneggio e dei nastri tra di loro, sono state scolpite lasciando intercapedini trasparenti fino a 2/3 mm di spessore, scavando cavità più o meno profonde dove la luce si fa buio, e traforando il marmo così da creare ripetuti fori passanti a tutto tondo, di forma ogivale e dimensioni varianti e degradanti, ma congrui tra di loro e allo stesso tempo consoni all’andamento delle linee della composizione, per il passaggio tra l’uno e l’altro della luce.
Le intercapedini così sottili, quando sono colpite dalla luce solare, diventano opalescenti e molto chiare, punti di luce pallidi ma illuminanti.
Le cavità producono ombre più o meno scure e intense a seconda della profondità dei buchi e della loro posizione rispetto ad altri volumi circostanti,
così zone di nero profondo sconfinano nel grigio, percorrendo tutto le loro naturali sfumature.
I fori e gli interstizi, essendo passanti, lasciano filtrare la luce liberamente, proiettando l’intero raggio o di diminuendone il diametro fino allo spessore di un sottile filo, seguendo la geometria della forma volutamente data per contenerne ed indirizzarne la proiezione.
Il chiarore, l’oscurità e la luce piena, testimoniano lo sforzo creativo sempre alla ricerca di quella “modulazione naturale della luce” condotta ma non imprigionata, suscitata nel suo passaggio ma libera di espandersi tutt’attorno, una luce che si evidenzi come supporto e completamento dell’immagine scolpita nella pietra, materia da scolpire essa stessa.
Queste policromie di luce intendono rendere viva e sempre mutabile l’immagine dell’opera agli occhi dello spettatore, e sottolineano l’emotività del racconto. Il protendersi delle figure, le espressioni dei volti, la tensione delle spalle, il comporsi delle mani, l’intreccio del panneggio e le incisioni del decoro, evocano il sogno che ho voluto esprimere e condividere.
Sono stati fusi in vetro, da calchi appositamente modellati e poi formati in gesso e in gomma, volti e parti anatomiche delle figure umane, braccia e mani che s’intrecciano, le lunghe e imponenti ali del pavone, elementi del panneggio, unici o composti da più tasselli, e poi intrecciati tra di loro come una sorta di cotta medioevale. I procedimenti per la creazione e lavorazione dei vetri sono stati lunghi e complessi e hanno richiesto sperimentazioni e nuove tecniche studiate e adattate specificatamente per le mie esigenze creative.
Sono state forgiate a mano, in acciaio 316, tutte le parti metalliche: lunghe lance modellate e incise e forate con intrecci di tralci e semi d’uva, grappoli e acini, ognuno creato manualmente e quindi diverso uno dall’altro; sono in acciaio anche tutti gli ancoraggi al marmo e i fermi di sostegno, sia degli elementi metallici che di quelli in vetro, ognuno dei quali è stato eseguito singolarmente, data la necessità di sostenere pesi, forme e spessori ben differenti tra di loro.
Sia gli elementi in vetro che quelli in metallo non solo sovrastano la superficie del marmo accompagnandone le linee, ma in molti casi penetrano nella sua profondità facendovi parte per poi fuoriuscirne nuovamente dopo un tratto.
Lucca, Gennaio 2016